domenica 5 giugno 2016

La poesia oggi è un prodotto di massa



La poesia oggi è un prodotto di massa. Basta avere un diario e provare a scrivere, basta vivere i tormenti dell’adolescenza per iniziare ed ecco un poeta in più, uno dei milioni di poeti che affollano le strade, le piazze, i locali, le città e, dato che per pubblicare basta avere un po’ di soldi, uno in più che pubblica un libro, e abbiamo migliaia di raccolte che, dopo aver affollato le tipografie convenzionate con gli editori a pagamento, dopo aver soddisfatto l’ego del neopoeta, non raggiungono gli scaffali delle librerie e puntualmente vanno a finire al macero!
Non è certo un danno per il PIL, ma un danno per la cultura, questo sì!
Infatti, molti editori scelgono la via più facile e non fanno più né la revisione dei testi, né la selezione delle raccolte. Pubblicano perché l’autore paga, sminuendo il lavoro prezioso dell’editore. Il risultato è che si producono migliaia di libri di dubbio valore, il che non giova alla crescita dell’arte poetica e diseduca i pochi potenziali lettori al godimento della vera Poesia. Con questo meccanismo massificante la poesia ne fa le spese, e con essa i molti validi poeti che trovano sempre maggior difficoltà a far sentire la propria voce. Non solo: il poeta che pubblica poesie immature, brucia il suo lavoro e la sua prospettiva di crescere. Insomma, il mercato è malato.
Intendiamoci, c’è anche molta poesia di grande valore, ma naviga a vista, immersa nella materia non filtrata che di nuovo dice ben poco.
Altro problema, la moda del momento, e si vedono tantissime opere che trattano temi di attualità (per i quali basta leggere un giornale) o temi erotici, perché si crede, erroneamente, che se si segue la scia si trova uno spazio in questo affolato mercato. Anche qui, succede che spesso si scambia per arte un lavoro mediocre, si crede che sfruttando un tema caldo si troverà qualche lettore in più. Niente di più falso, perché la creatività guarda oltre, si specchia con l’anima e non sfrutta correnti effimere.
Insomma, la poesia che passerà alla storia deve beneficiare del filtro dell’editoria, e l’editoria deve ridiventare seria, deve curare l’opera per venderla non all’autore, ma al lettore.
I poeti di oggi affolleranno le enciclopedie on line, le raccolte a pagamento, le agende pubblicitarie, avranno un trafiletto dedicato in qualche pubblicazione pseudo-specialistica, e si illuderanno di aver raggiunto la celebrità, ma si tratta di un successo autocelebrativo, uno specchio di Narciso a pagamento.
C’è da chiedersi, se dovessimo mandare un CD nello spazio che contenga dieci poesie, ci sarà anche un solo autore contemporaneo, tra i dieci scelti, per comunicare con gli alieni?
Con questo non voglio dire che non ci sono grandi poeti o ottimi editori, semmai voglio segnalare che sono troppe le pubblicazioni scadenti e che i cataloghi sono pieni di carta da macero e, con tutto il rispetto per poeti ed editori, questo è un danno gravissimo alla poesia e in generale alla cultura! Se solo si facesse maggiore selezione, sarebbe anche più facile promuovere opere di valore e segnalare le nuove promesse.
È anche vero che molti autori e critici si sono adoperati per trovare in questo marasma i talenti rappresentativi della poesia contemporanea. In questa direzione un lavoro straordinario è stato fatto da Ninnj Di Stefano Busà e da Antonio Spagnuolo, che hanno cercato, selezionato e trovato poeti validi, tra i milioni attivi negli ultimi vent’anni, ma ripeto: sono stati loro a cercare. Ne è venuta fuori un’antologia pregevolissima che raccoglie molti validi esempi di poesia prodotta nell’ultimo ventennio.
Sicuramente ci saranno altre operazioni di valore come questa, ma non basta, occorre andare oltre, incoraggiando gli editori che escono dalle logiche di mercificazione dei servizi editoriali, promuovendo le opere di valore che danno lustro alla poesia italiana contemporanea, e soprattutto non pubblicando qualsiasi cosa (tanto paga l’autore).
Occorre pubbicare meglio, e forse pubblicare meno!


Claudio Fiorentini

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