Scrivere,
dipingere, comporre… dove inizia? Ogni disciplina artistica si sviluppa nella
risposta agli stimoli più profondi che l’artista (o che l’uomo in generale)
percepisce. La tecnica, l’esperienza, la capacità e l’abilità tracciano il
percorso espressivo, a seconda della disciplina scelta si può avere un percorso
breve o un percorso lungo, l’immediatezza della poesia, dell’intuizione della
melodia, dell’incipit, del movimento, del gesto pittorico non sono
necessariamente l’opera compiuta. In questo contesto, forse ciò che risponde
con maggior rapidità allo stimolo iniziale è la poesia, ma anche le
composizioni più complesse e impegnative, come una sinfonia, un romanzo, una
pièce teatrale, un affresco… rispondono a un punto di partenza, e nel loro
divenire opera complessa forse incontrano altri punti di partenza e si
arricchiscono sempre di più.
Specifichiamo:
escludendo certi generi di arte, ad esempio quelli che ricalcano la realtà o
quelli che si basano su ricerche, indagini e simili, il percorso artistico si
sviluppa in un moto del tutto irrazionale perché non ha scopi né tutori. La
creatività, proprio perché creatività, prevede che si parta da qualcosa che non
c’era prima e che, dopo un lavoro che può durare istanti, giorni, mesi o anni,
c’è. Non c’era e c’è. Se questo nuovo “c’è” ricalca la realtà, probabilmente
non si è fatto un gran lavoro creativo, semmai si è fatto un lavoro di
ricostruzione che può avere un ruolo importante nel sociale, ma che non è
necessariamente artistico.
Bene, ma a
prescindere dal risultato, creativo o ri-costruttivo, cos’è questo punto di
partenza, cos’è che ci dice “scrivi” o “balla” o “componi” o “dipingi” …
insomma, cos’è che ci dice “FAI”?
A meno che
non si lavori su commissione, non c’è una ratio che guidi questo moto, né
tantomeno c’è un tornaconto pratico o materiale, non deve esserci, almeno non a
priori.
Di più, la
non ricerca di qualsiasi tipo di tornaconto (anche un minimo riconoscimento o
una minima approvazione) rende l’artista libero.
Quindi
questo moto non si può sviluppare nell’ego, nella logica o nel proprio io.
Proprio perché ricerca di un nuovo “c’è”, proprio perché si parte da un “non
c’è”, occorre capire cosa significa il punto di partenza, cioè il “non c’è”.
Il punto di
partenza è un vuoto, un nudo, un abisso. Non può esserci un io strutturato,
sarebbe una prigione, quindi il creativo, nel momento in cui inizia a “fare”,
perde coscienza di sé e vive nella sua follia creativa. Annullare l’ego, la
psiche, il mondo necessario, le difese, a questo dovrebbe arrivare il creativo
nel momento in cui inizia la sua opera. Ma prima del fare c’è l’esigenza del
fare, e questa da dove viene?
Tra le tante
pulsioni che ci animano, esiste qualcosa che va oltre le necessità pratiche,
esiste una spinta a fare qualcosa di inutile (come anche solo guardar le
stelle), esiste una pulsione, in alcuni sopita, in altri prioritaria, che
chiede al corpo di animarsi in un certo modo, affinché sia fatto qualcosa di
assolutamente inedito. Questa pulsione che ci polarizza verso uno specifico
moto creativo viene da una parte di noi che sovente dorme, e che forse si
sveglia nel sogno. Il sogno, quanto di più assurdo e inutile, eppure
indispensabile per sentire che siamo utili a noi stessi e al mondo. Il sogno, che
non è materia, appare vestito di immagini, ma in realtà queste immagini sono un
velo che copre un mistero profondo: la mente priva di psiche, o forse l’anima,
ciò che veramente ci anima.
Appare come
un flash di immagini, un tessuto di figure e suoni, una sequenza priva di tempo
e di spazio, viva in noi, forse da sempre, che chiede di essere vista,
ascoltata, vissuta e… espressa…
Ecco il
punto di partenza: un accumulo di immagini, visioni, sogni e percezioni, una
voce archetipa che dall’intimo ci dice che la vita non è solo realtà, ma è
anche e soprattutto stupore, è tornare vergini ogni attimo di vita che viene e
che va, e ci dice che quanto è dentro di noi non si esaurisce con ciò che a noi
è noto. Riuscire ad intuirlo è il punto di partenza. Un flash, una scintilla,
ciò che si vede quando il velo si squarcia, per poi tornare a coprire quella
Verità. Perché se si vedesse tutta, si impazzirebbe!
Claudio Fiorentini
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