giovedì 9 giugno 2016

Essere poeti o scrivere poesie?



Credo che si possa essere poeti anche senza scrivere poesie, allo stesso modo credo che si possa essere "non poeti" scrivendo belle poesie... il poeta, secondo me, è innanzi tutto un ricercatore di se stesso, uno che non ama modellare l'inquietudine che porta dentro perché vuole viverla così com'è ritendendola un dono della vita. Questo è una forma di rispetto per ciò che lo "anima", perché lasciando libera la propria inquietudine ne accetta il mistero. La Verità, ha uno splendore così feroce e crudele che ha bisogno del pudore per esistere, per questo è protetta da un velo, però questo velo, a volte, è mosso dal vento e... mio Dio, che paura!
Quindi si può dire che un poeta (o un artista) percorre un cammino interiore, che ha analogie con un cammino mistico pur non essendolo. Inoltre il poeta non risolve la sua inquietudine dandole una ragione e misurandola con il tempo o con lo spazio, ma lasciandole briglia sciolta chiede di percorrere le stesse praterie, chiede di partire con lei e gioire di quella libertà che è fuori da ogni dimensione.
Poi, se ne ha voglia o capacità, sarà libero di giocare col linguaggio, con i colori, con il movimento o con i suoni, per riportare briciole di quella libertà nel suo lavoro creativo.
Ora, rimanendo nel campo della poesia, direi che si può essere artisti o artigiani della poesia. L'artigiano è colui che manipola il linguaggio e gioca con le parole avendo uno scopo preciso: scrivere poesia e piacere al pubblico; l'artista invece manipola il linguaggio e gioca con le parole senza uno scopo preciso, o meglio, uno scopo tangibile, semplicemente perché è come guidato da una musica interiore che vive nel segreto, di cui forse preferisce non sapere nulla, proprio per viverne il segreto. Insomma, un poeta che scrive poesie, a prescindere dalla bravura o dal livello tecnico di cui è capace, è colui che, senza avvedersene, fa trapelare l'inquietudine dal suo scritto lasciandola nel segreto, così facendo permette al lettore di vivere la propria inquietudine, stimolandolo a lasciarla libera, nel segreto, il che non è necessariamente "piacere al pubblico", perché questa libertà può tradursi in uno scuotimento interiore e può anche far male. In conclusione: la poesia può essere contagiosa e nasce dalla libertà interiore; il poeta non è necessariamente uno che scrive, ma se scrive (o dipinge, o balla, o canta...), non ha per scopo manipolare il linguaggio, giocare con il suono e il ritmo, sbalordire, ma ridare briglia sciolta a quel mistero che ci anima dentro e, inconsapevolmente, dà al lettore la traccia di quello stesso stupore, perché "illumina d'immenso" un attimo di vita.
Claudio Fiorentini

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