La gente, la gente... molto spesso sentiamo dire “la gente”,
ma ci siamo chiesti chi è, o a chi ci si riferisce quando si dice “la gente”?
Al mercato, per strada, in fila alla ASL, piluccando tra le conversazioni
sparse, quante volte vi capita di sentire dire quelle due magiche parole? Sette
lettere e uno spazio, un articolo e un sostantivo. Ammesso che nel mondo vi
siano (arrotondiamo) sette miliardi di persone, nel momento in cui uno di noi
dice “la gente”, dovrebbe riferirsi a sei miliardi novecentonovantanove milioni
novecentonovantanovemila e novecentonovantanove esseri umani, simili in tutto e
per tutto a chi ha pronunciato quelle due parole. In realtà, la persona che le
dice, è grasso che cola se si riferisce a dieci, quindici persone che conosce o
che incontra per caso sul pianerottolo, in farmacia o dal droghiere. Insomma,
la gente, per quasi sette miliardi di persone, si riduce a vicino di casa,
colleghi di cui si parla e si sparla, genitori dei compagni di scuola dei
figli, sarta, dentista, edicolante… di quante persone può essere
composta “la gente” di ciascuno? Eppure, quando sento dire “chissà cosa dirà la
gente” o “la gente dice in giro” o “la gente non si fa gli affari suoi”, so
benissimo che il senso di universalità dell’espressione “la gente” è impoverito. Insomma, “la gente” ci condiziona, ma chi? Sei sette persone su sette
miliardi? Arrotondando, un miliardesimo della totalità? E pur allargando la
cerchia, anche se fossero centinaia di persone, per semplificare direi
settecento (ma chi di noi conosce e interloquisce con settecento persone?)
saremmo a uno su settanta milioni. I più fortunati, gli eremiti, non si curano
di queste quisquilie, ma loro di gente ne vedono assai poca, invece noi, comuni
viventi (o comuni mortali), al massimo potremmo sentirci condizionati da una
settantina di persone, comunque uno su cento milioni, che non sembra
un numero molto rappresentativo di ciò che può pensare la gente.
D’accordo, mi si può obiettare che noi prendiamo coscienza solo
del mondo che ci circonda e che di quello che fa un santone in India o un inuit
cacciafoche non ce ne importa un cetriolo, ma loro, non appartengono anche loro
a “la gente”?
Diciamocelo chiaramente: generalizzare è un vizio, e la
presunzione dell’uomo medio porta a mettere nel gran calderone un po’ tutti.
Quindi l’uomo è totalitario per definizione, e quando dice
la gente, prova a chiedergli “la gente chi?”, vedrai che ti risponde ogni
sorta di castroneria, preceduta dalla locuzione “un po’ tutti…”.
E se tu chiedi “tutti chi?”, allora passi per un
rompiscatole e rischi di sentirti dire “ma con te non ci si può
proprio parlare!”.
Claudio Fiorentini
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