giovedì 23 giugno 2016

serpe



Per poi tornar bambini
come se la vecchiezza nel suo lemme avvicinarsi
altro non fosse che un incantatore di serpenti
che nella melodia sospende la sorte
per poi, chiusa la cesta, avviarsi ad altri mercati.

Si può, forse, in un ammanco di veleno
uscir dal vimine e inoffensivi rastrellar villaggi
e, pur se non portatori di mortali morsi,
d’intorno urla di paura e gesti incontrollati
si aprirebbero come ventagli fino ad esser strade
deserte per l’arrivo dell’infida bestia.

Ma la realtà ci vuole sedotti
da melodie inesperte e da occhi taglienti
per uscire al canto e rimaner chiusi al chiasso
perché di noi la serpeggiante natura
va controllata, e con essa anche l’angelo che vive
tra terra e cielo, in un incantamento ancora inespresso.

Dicevi: Kundalini, serpente piumato, tentatore dell’Eden
dormi, sei una serpe!
Invece io t’imploro: apri la cesta
lascia che io strisci fino a capire come si fa a volare
perché il rettile è canto di rondine capovolto
ma canto sarebbe, non serpe, se questa vecchiezza incantatrice
non avesse sospeso la mia sorte
di ritornar bambino al nuovo inizio
e all’altra morte.

Claudio Fiorentini
Tutti i diritti sono riservati

martedì 21 giugno 2016

Nessuno ha mai visto decadere l’atomo di idrogeno, di Dario Pontuale




 

Già il titolo lascia ben sperare, ma la lettura del libro è anche più stimolante. Raramente ci si imbatte in libri di così grande qualità e viene da chiedersi perché la nostra letteratura in Italia e nel mondo non è rappresentata da opere come questa.
Scritto benissimo, senza esitazioni, dalla prima pagina entra nel mondo onirico per dare al lettore qualcosa di più della speranza, qualcosa che non può essere misurato con metri o pesi.
Personaggi strambi, semplici e ironici, che si rivelano complessi e ricchi di sfaccettature e che nel loro essere irreali chiedono al lettore di identificarsi con loro.
Zeno, un disoccupato pigro compra una nanocasa, rara superstite dell’urbanizzazione selvaggia, che in mezzo allo sfacelo edilizio sopravvive come testimone di un mondo dove ancora è possibile credere nell’incredibile. In questa casa scopre un mistero assurdo, una cantina piena di inutli cianfrusaglie e, su una parete del soggiorno, una targa con su scritto Servabo. Che follie aveva per la testa l’ex-proprietario? Zeno comincia a interessarsi alla storia del suo predecessore a seguito di alcune visite di personaggi surreali che gli portano delle moleskine, tutte uguali, tutte contenenti, scritto a mano, lo stesso frammento di un racconto di Borges. L’avventura comincia, e si svolge tutta intorno agli oggetti trovati in cantina, alle moleskine, e ai personaggi che hanno portato questi quaderni a chi supponevano fosse il proprietario. Ne viene fuori una società segreta che, facendo un mercato di cianfrusaglie inutili, si impegna nel raccontare le storie, inventate, delle cianfrusaglie. La reazione dei visitatori è meravigliosa. Il mercato è fallimentare, non si vende nulla, ma l’obiettivo dei membri della società segreta non è vendere, è raccontare.
Già questa trama strampalata e originalissima è un buon motivo per affrontare la lettura, ma lo sono anche lo stile, la leggerezza del linguaggio, l’ironia e le ulteriori evoluzioni della storia.
Il romanzo è allegro e invita a credere che il sogno sia ancora possibile. L’autore, noncurante della realtà contingente, si concentra sulla realtà più intima, quella che risiede in ciascuno di noi e che ci fa pensare che non tutto è perduto, che ancora esiste un motivo per ridere, per vivere, per sognare, e per seguire le segrete trame dell’immaginazione.
I quaderni che contengono questo frammento di racconto sono dieci, solo tre vengono restituiti, e i personaggi che lo fanno sono un netturbino scrittore che somiglia a Jeff Bridges, un cacciatore di fulmini soprannominato Gabin, e una distinta e anziana signora che racconta fiabe nei parchi ai bambini.
Permettetemi di ricopiare qui un frammento del libro che ne riassume la grandezza. È notte, il protagonista è insieme a Gabin, che si chiama Ansano, su un tetto, presto ci sarà il temporale. Ansano ha fissato la macchina fotografica sul cavaletto e tenta di fotografare fulmini:

“Ne ha catturati molti?”
“Nessuno” regolando l’altezza del cavalletto “migliaia di foto buie”
…..
“Per tatto preferisce non chiedermene il motivo?”
“Mancavo di coraggio” sincero, prendendo il vento in faccia.
“Non si preoccupi, non è il primo e non sarà l’ultimo” cambiando rullino “ Vede, questi sono fallimenti  di un istante, costano la fatica di un dito e il prezzo di pochi centimetri di pellicola. Principalmente offrono un riscatto a breve, cosa che la vita rifiuta. Si spendono giorni, mesi, anni in qualcosa che si sbriciola con nulla, che crolla prima di essere eretto. Dopo non c’è più tempo, modo, voglia di riprovare. L’essere umano si affanna fino allo spasimo per costruire qualcosa di duraturo, è innocente e connaturale, sebbene sia la propria condanna. Capisce dunque perché cerco di immortalare i fulmini? Provo, con sforzo minimo, a ottenere il massimo risultato catturando l’infinitamente breve, costringendolo all’eternità”. Pausa, facendosi più scuro in volto: “Forse non accadrà mai, ma che importa; quante persone possono sinceramente affermare di aver ottenuto ciò che desideravano nella vita?”.

Così sono i dialoghi e così i personaggi che affollano questo romanzo: meravigliosi visionari che vivono per qualcosa di perfettamente inutile. E che ci inducono a sognare.
Il finale, del tutto imprevedibile, riesce anche a commuovere, al punto che si vorrebbe abbracciare il protagonista, si vorrebbe entrare nel libro e prender parte al mercato, ma non ci si rammarica di essere arrivati alla fine, perché libri come questo continuano a vivere nella mente.

Il libro ha meritatamente vinto il primo premio all’Albero Andronico 2014.
Raccomando vivamente la lettura!

Claudio Fiorentini

figli dei cloni degli alieni

Leggendo qui e là, ho appreso che siamo prodotto di cloni di una civiltà aliena buttati sulla terra 300000 anni fa per estrarre l’oro di cui, questa civiltà, ha bisogno per i propri scopi. Il discorso quadra perfettamente, del resto l’oro aveva già un valore per la sua lucentezza prima che diventasse riserva aurea di Nazioni e di banche. Quadra anche perché l’oro è il metallo che va via via diventando non più fonte di ricchezza ma supporto per le nuove tecnologie. Quadra anche perché per secoli gli alchimisti hanno cercato di estrarre l'oro dal piombo... Sì, ha veramente senso, cari amici cloni di alieni, come me. Già, ha senso pensare che trecentomila anni fa esisteva una civiltà aliena che aveva tecnologia avanzatissima che permetteva di viaggiare tra galassie e produrre cloni interi, ma che trovava più facile produrre l’umanità e aspettare 300000 anni piuttosto che andarsi a cercare l’oro con un passino su un fiume o con un piccone in miniera… già, ha senso, e mi chiedo, perché non ci ho pensato prima?

Claudio Fiorentini